William S. Burroughs: lo scrittore e i suoi personaggi

William S. Burroughs

In un breve quanto intenso articolo su Jack Kerouac, William S. Burroughs (che di Kerouac fu amico e mentore) coglie al volo l’occasione per lanciarsi in un’appassionata riflessione relativa al ruolo dello scrittore e alla sua natura profonda, sottolineando il legame tanto sotterraneo quanto intenso che lo lega ai suoi personaggi.

A ben vedere, cercare di chiarire “chi è uno scrittore”, vuol dire soprattutto parlare di qualcuno che ha saputo esserlo per davvero.

Non solo.

Vuol dire anche ritornare lungo quei sentieri personali incrociati di continuo, nonché far emergere i tratti di un’esperienza artistica comune, come lo stesso William S. Burroughs evidenzia:

“(s)e può sembrare che io stia parlando più di me stesso che di Kerouac, è perché sto cercando di dire qualcosa del ruolo particolare che Kerouac ebbe nella trama della mia vita.

Kerouac era uno scrittore.

Questo significa, ha scritto.

Molti che si fanno chiamare scrittori e si fanno mettere il nome sui libri non sono scrittori e non sono capaci di scrivere – la differenza, essendo un torero che combatte contro un toro, è diversa da un smerdatori che fa mosse senza nessun toro.

Lo scrittore è stato là o non potrebbe scriverne.

E andando là rischia di rimanere incornato.

Con questo intendo ciò che i tedeschi appropriatamente chiamano il Fantasma del Tempo – per esempio, un fragile mondo fantasma come l’Età del jazz di Fitzgerald – tutti giovani tristi, sere di lucciole, sogni invernali, fragile, fragile come la sua foto presa nel suo 23mo anno – Fitzgerald, poeta dell’Età del jazz.

È andato là e l’ha scritto e l’ha riportato indietro per una generazione – ha scritto l’Età del jazz.

Un’intera generazione migrante è sorta da On the road verso il Messico, Tangeri, Afghanistan, India.

Cos’è che gli scrittori, e limiterò l’uso di questo termine agli scrittori di romanzi, cercano di fare?

Cercano di creare un universo in cui hanno vissuto o dove vorrebbero vivere.

Per scriverlo devono andarci e sottomettersi a condizioni di cui potrebbero non aver tenuto conto.

Talvolta, come nel caso di Fitzgerald e Kerouac, l’effetto prodotto da uno scrittore è immediato, come se una generazione fosse stata in attesa di essere scritta.

In altri casi ci può essere un intervallo di tempo.

La fantascienza ha un suo modo di avverarsi.

In ogni caso, scrivendo un universo lo scrittore rende quell’universo possibile.

Fino a che punto gli scrittori possano, o fino a che punto sia utile al loro mestiere il recitare ciò che scrivono nella cosiddetta vita reale, è una questione aperta.

Cioè, dipende da come ci arrivate – state facendo il vostro universo più o meno simile all’universo reale o state tirando dentro il reale nel vostro?

Il Vincitore Non Prende Niente.

Per esempio, la determinazione di Hemingway di recitare gli aspetti meno interessanti della sua scrittura e di essere veramente il suo personaggio era, mi sembra, dannosa alla sua arte.

Molto semplicemente, se uno scrittore insiste nell’esser capace di fare e bene ciò che i suoi personaggi fanno, limita la sfera dei suoi personaggi.

Però agli scrittori conviene fare qualcosa anche quando lo fanno male; così come io sono stato per una breve settimana – mi fa venir l’ulcera pensarci – un pessimo assistente borsaiolo.

Decisi che una settimana bastava e non avevo il tocco, veramente. (…)

Così uno scrittore non deve vergognarsi di nascondersi in un terreno abbandonato o in un angolo di stanza per qualche minuto.

È lì come scrittore e non come personaggio.

Non c’è niente di più elusivo del personaggio principale di uno scrittore, il personaggio che il lettore assume essere lo scrittore stesso, nientemeno, che fa veramente le cose di cui scrive.

Ma questo personaggio principale è semplicemente un punto di vista frapposto dallo scrittore.

Il personaggio principale allora diventa soltanto uno dei personaggi del libro, ma di solito il più difficile da vedere, perché lo si confonde con lo scrittore stesso.

È l’osservatore dello scrittore e molto a disagio in questo ruolo il più delle volte e imbarazzato a render conto della sua presenza.

È oggetto di sospetti da parte dei non scrittori a meno che non riesca a scriverli dentro nella sua strada.”

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