Vincenzo Malinconico: l’arte di essere Diego De Silva

Malinconico Diego De Silva

Gente strana, gli scrittori.

Ma strana assai!

Basta tenerli d’occhio per un po’, per accorgertene.

Sempre a spasso tra vita reale e vita immaginaria.

Un po’ di qua, un po’ di là.

Ecco che, appena la realtà inizia a mostrare il suo peso, si rifugiano da qualche parte.

Per poi finire sempre lì, a buttare giù parole.

Il tempo di mettere un punto all’ultima frase e rieccoli di nuovo ad inciampare nelle cose della vita.

Come se niente fosse.

Che strano tipo di essere umano deve essere uno che attraversa l’esistenza in un modo del genere?

Eh si, mai come questa volta, la tua domanda è legittima.

Cosa ci sarà di tanto interessante, poi, nello starsene rinchiusi da qualche parte a vergare, mentre, là fuori, la vita scorre?…

Vai a capire!

…Che magari, se sei uno sveglio, è capace che te la riesci pure a spassare!

In effetti, anche questa… mica da ridere.

Beh, Viciè’, che dirti!

Si scrive perché si ha una ferita che sanguina.

Perché si ha qualcosa dentro che gli altri non sanno.

O, forse, non hanno.

Qualcosa che c’è e che deve venire fuori.

E lo si fa con le parole.

Si perché scrivere è il solo modo che conoscono per farla uscire, quella cosa.

Proprio così!

La scrittura è un po’ un demone che morde dentro.

Un demone che stringe forte e ruba sonno e tempo, fatica e, a volte, pure la fantasia.

Un po’ come quella brutta notizia che ha iniziato a insinuarsi a pagina 133 ne I valori che contano (avrei preferito non scoprirli).

Esattamente.

E poco importa se, di volta in volta, quella ferita la si prova ad asciugare con l’ironia o la leggerezza.

Con una battuta o una frase ad effetto.

Una del tipo: noi avvocati scriviamo i titoli di coda della vita in comune.

Vedi?

Basta un niente e parte una risata!

Per capirci: scrivere è un modo di stare al mondo.

Il rimedio per imparare a prenderla come viene, che si tratti di una battuta o della vita intera.

Tutto qua!

Come dici?

Cosa succede se la realtà prova a stanarti fin dentro quel rifugio che ti sei creato?

Beh, caro avvocato Malinconico, con le domande che mi stai tirando fuori adesso, credo che nessun magistrato potrebbe avere l’ardire di rimproverarti.

Mah, Vicié’: cosa posso risponderti mai?

Mettiamola così: scrivere può essere piacere ed esigenza di tutti.

L’arte, quella vera, è prerogativa di pochi.

E questo, caro Malinconico, lui, Diego De Silva, che è uno scrittore di razza, lo sa.

E lo sa bene!

 

Uno dice: «Accogli».

E va be’, figuriamoci. Solidarietà, prima di tutto. Empatia e umanità. Non scherziamo.

Apri all’estraneo che bussa alla tua porta in cerca d’aiuto, non stare lí a domandarti chi è, cosa ha fatto, da chi fugge.

Non badare all’età, al colore della pelle e neanche a quello delle mutande, specie se ha addosso solo quelle.

Intanto, salvalo.

Anzi, salvala.

Esci da quel guscio piccolo-borghese che ti separa dal mondo reale dove la gente vera lotta per vivere.

Liberati dalla paura di perdere i tuoi meschini privilegi. Di comprometterti.

Per una volta, fa’ qualcosa di giusto, accidenti.

Trascura l’eventualità di poterti rendere complice di un reato, o di beccarti un’accusa di sequestro di persona e magari anche di stupro, se poi viene fuori che la ragazza che hai nascosto in casa non ha ancora diciott’anni.

Tra un po’ vi dico cosa penso di questo bel discorsetto.

Per ora, stiamo al dialogo appena cominciato fra me e il carabiniere trafelato che un attimo fa ha suonato alla mia porta.”

 

Bastano queste poche righe, caro Malinconico, per farti conoscere da chi ancora non ha avuto il piacere di farlo.

Poche righe di grande maestria attraverso cui, lui, Diego De Silva, piazza te nella trama de I Valori che contano (avrei preferito non scoprirli), romanzo edito da Einaudi.

Uno dei capitoli più coinvolgenti ed emozionanti della serie.

Non trovi?

Di sicuro quello di maggiore intensità e tenerezza.

Si perché, ne I Valori che contano (avrei preferito non scoprirli), come sai, accade l’impensabile.

Quello che non ti aspetti.

O, meglio ancora, quello che non ti augureresti mai.

Diciamocela tutta, Viciè’: in barba al tuo cognome, che sa molto più di saudade che di mestizia occidentale, lui, Diego De Silva, ti ha reso l’avvocato più famoso della letteratura italiana contemporanea.

Un campione di sarcasmo e ironia.

Un vero “eroe” della vita quotidiana.

Chi lo può mai negare?

Proverbiale la tua carica dissacratoria, capace di rivelare gli anfratti più profondi dell’animo, non solo il tuo.

Scaltro nel comprendere come sarcasmo e umorismo, siano il rimedio più efficace per affrontare con la necessaria leggerezza la vita.

Disincantato al punto giusto per avere a che fare con qualcosa di irrazionale e illogico, finanche folle, come solo l’esistenza può essere.

 

“Mi chiamo Vincenzo Malinconico. Avvocato. Più che di grido, direi di gemito.

Ho cinquant’anni. Due figli. Alagia e Alfredo.

Nives la mia ex moglie, è una psicologa affermata. È una delle ragioni per cui ci siamo lasciati.

Alfredo l’ho fatto con lei. Alagia ce l’aveva già, quando l’ho incontrata. Anche lei è mia figlia.

Dopo Nives ho amato tanto un’altra donna, che ho perso, come quasi tutte le donne che ho avuto. Ho un talento, nell’essere stato amato.

Ora ho una storia con un’altra, che in una sfuriata di gelosia mi ha buttato fuori dalla macchina, e sono giorni che non mi chiama.

È fatta così, vuole sempre avere ragione. E poi mi tiene sull’uscio.

Ma credo che si stia innamorando, perché non me ne passa una.

E anch’io, perché gliele passo tutte.

Sapete?

Mentre il radiologo agita i demoni che litigano nel monitor, e che anch’io sto sbirciando dal lettino come se potessi capirci qualcosa, mi accorgo che è tutta qui, la mia biografia.

Che qualsiasi cosa aggiungessi all’elenco di cui sopra, sarebbe di troppo.

Qualsiasi vita, anche quella di chi ha fatto grandi cose, si potrebbe riassumere in poche righe senza farle torto.”

 

Capisco Viciè’, non è certo colpa tua.

La vita ci mette del suo, per carità.

E non capita a tutti di ritrovarsi una tipa sul pianerottolo di casa con addosso le sole mutande e che ti chiede di entrare.

Me ne rendo conto.

Però, pure tu: non sapere che appena qualche piano sopra di te, precisamente, al quarto, c’è una casa d’appuntamento…

E ancora: fare finta di non capire che quella, la tipa, ha tutta l’aria di essere fuggita via da un bel guaio per tuffarsi in un altro.

E quel carabiniere, poi…

La copia spiccicata di Aldo Maccione:

 

“- Per caso ha visto una ragazza in mutande, con i capelli corti e il seno pronunciato, diciamo una terza? (…)

– Prego? – rispondo, aspettandomi che il servitore dello Stato realizzi l’effetto surreale della sua domanda e ricominci daccapo, magari scusandosi e spiegandomi di cosa parla;”

 

Va bene, Viciè’, ci sta.

Ci sta che, sulle prime, non sapessi chi fosse quella, la tipa:

figlia del sindaco e, per giunta, minorenne.

Ok, ok, come vuoi…

Cambiamo discorso.

Meglio pensare alle cose importanti, ai valori che contano.

All’amore, per esempio.

A Veronica, la tua compagna:

 

“- Ooh, vaffanculo alla sincerità.

Vuoi sapere cos’è la sincerità?

Una volgarissima precauzione.

Un preservativo, ecco cos’è.

Ci vuole più spina dorsale a mentire che ad essere sinceri, cosa credi, replico, e le volto la faccia.

Dev’esserle piaciuta, perché non ribatte.

Lascia passare qualche secondo, mi pianta le mani sulle spalle e fa leva con le braccia per sollevarsi su di me, circondarmi con le gambe e poi sedersi delicatamente sul pacco.

– Sono abbagliata dal tuo anticonformismo.

Ora te lo togli, quel musetto da koala strappato alla mamma? – dice, facendo stretching sul socio di maggioranza.

Socchiudo gli occhi e li riapro.

– Non è così che affronteremo i nostri problemi, – recito, cercando di non ridere.

Ah, che soddisfazione.

Erano anni che non vedevo l’ora di dirla, questa.

In quanti film stronzi l’ho sentita, manco mi ricordo.”

 

Il tutto, senza dimenticare le tue ex, ovviamente.

I tuoi ragazzi, Alagia e Alfredo.

L’amico-socio Benny.

E lui, il tuo gatto: Alfonso Gatto.

Sornione e indolente come solo un felino sa essere.

L’unico, forse, ad avere una nota di poesia in tutta questa storia, senza offesa.

Almeno fino a quando…

Beh, almeno fino a quando non accade quello che non ti augureresti mai.

 

“- Non te ne approfittare perché sei malato.

– Prego?

– Mi hai sentito.

– Non sono malato, devo solo fare degli accertamenti.

– Ma ti stai già comportando come se lo fossi.

– Ah, pure.

– Credi che te l’avrei passata così facilmente se non mi avessi dato questa bella notizia, ah?

Mi stringo la fronte con le dita.

– Oh, santiddio.

Abbassa gli occhi sul lenzuolo.

– E adesso che hai?

Fa no con la testa, ma le tremano le labbra.

Le prendo il viso fra le mani.

– Ehi.

Mi guarda.

È così triste.

Così indifesa.

Sarò patetico, ma mi sento felice, in questo momento.

Quando l’amore si semplifica, quando diventa debolezza e timore, di più: paura di non rivedersi, smarrimento, raggiunge quello stato di purezza in cui non c’è più nulla che lo nutre.

Non il sesso, non il bisogno (comunque lo si intenda), non l’abitudine (che pure conta, altro che chiacchiere), non il tempo passato insieme e nemmeno i figli, se ce ne sono:

no, l’amore in quei momenti è il bene dell’altro che vuoi e senti in pericolo.

Quello, e quello solo.”

 

Eh sì, la vita e proprio strana, caro Malinconico.

Chi l’avrebbe mai detto!

D’improvviso, tutte le certezze si sgretolano.

E, senza neppure accorgertene, ti ritrovi a sperimentare la solitudine dei corridoi e il desiderio di essere libero.

Ti sorprendi a scoprire il dolore del sole che cala al tramonto.

Il freddo che dà una mela lasciata a metà in un piatto in un angolo.

Come dici?

I valori che contano avresti preferito non scoprirli?

Beh, come darti torto!

In ogni caso, una cosa te la voglio dire.

Ed è a proposito di quando mi chiedevi:

cosa succede se la realtà prova a stanarti fin dentro quel rifugio che ti sei creato?

Succede che, se sei uno scrittore, uno dei grandi, sempre a spasso tra realtà e immaginazione, la vita che irrompe la lasci entrare nella tua opera.

E poco importa, caro avvocato, se a sbrigartela devi essere tu da solo, senza qualcuno che ti spiega come si fa.

La vita si trasfigura e diventa narrazione.

In fondo, la grandezza della vera arte è proprio questa.

E stai sicuro, caro Malinconico, che tutto ciò, lui, Diego De Silva, che è uno scrittore di razza, lo sa.

E lo sa bene!

 

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