
Come scrivere una storia
Scrivere una storia, inventare un testo narrativo, vuol dire scatenare un’emozione, qualunque essa sia.
Vuol dire fare vedere come stanno realmente le cose perché, rappresentarle, è molto più efficace che proporle in maniera più o meno sistematica, in modo più o meno articolato e complesso.
Dire ad una persona “ti amo tanto” è sicuramente un’affermazione di grande impatto, ma non è la stessa cosa mostrare l’amore che si ha per lei.
Allo stesso modo, dire a qualcuno “ti odio”, non ha lo stesso impatto che mostrare, rappresentare, esprimere l’odio che si ha.
Ecco, se nello scrivere una storia, ci limitassimo soltanto a veicolare ciò che pensiamo riguardo questa o quella cosa, non andremmo molto lontano come scrittori.
Non andremmo molto lontano come scrittori perché, se lo scrivere si riducesse ad affermare ciò che si pensa o ciò che si prova, allora non creeremmo mai il corpo narrativo, fondamentale per intelaiare una storia.
Affermare, ad esempio, che “ il comportamento dei genitori incide sullo sviluppo della personalità dei figli”, è una considerazione perfettamente accettabile se espressa da un educatore, ma un testo narrativo è qualcosa di diverso da un saggio o un manuale.
La scrittura narrativa non deve dire, spiegare, affermare.
La scrittura narrativa deve far sentire, percepire, provare, far vivere.
In una parola sola: emozionare.
Ecco che allora il punto è un altro, ovvero: come scrivere un testo narrativo.
Rappresentare senza dire
Scrivere un testo narrativo vuol dire servirsi delle parole per esprimere qualcosa che va al di là di quanto può essere contenuto in una proposizione, in un enunciato o in un’affermazione.
Certo che, chiunque si accinge a scrivere, lo fa perché ha “qualcosa da dire”, ma quel “qualcosa da dire”, non deve essere inteso come qualcosa di riassumibile in una frase.
Se così fosse, Goethe non avrebbe avuto bisogno di vergare pagine e pagine di tormenti e sofferenze patiti dal giovane Werther per la sua amata ma, ad esempio, avrebbe potuto liquidare tutta la questione (narrativamente parlando) mettendo in bocca al suo personaggio una frase del tipo: «cara mia Charlotte, visto che ti amo tanto, ma mai ti potrò avere perché sei promessa sposa di un altro, mi uccido!».
Ecco, il compito di uno scrittore è un altro, ovvero di proporre qualcosa di diverso, ossia fare in modo che il senso profondo di quanto intende dire, non sia circoscrivibile in una frase, ma sia veicolato dalla totalità di eventi, parole e situazioni che compongono la storia stessa che si appresta a raccontare.
Catturare il lettore
Talvolta, e questo accade per i grandi capolavori della narrativa, il vero significato di un’opera non è espresso dalle righe, ma è nascosto tra esse.
Si tratta del “non detto” di una storia, quel “non detto” che si cela tra le righe e che racchiude il vero significato di un intero testo.
Ad esempio: supponiamo che vuoi comunicare, attraverso il testo narrativo inventato, quanto sia importante vivere per realizzare i propri ideali.
Ecco, se vuoi scrivere una storia riguardo questo argomento, non puoi ridurre il tutto ad una frase del tipo “Non sprecare il tuo tempo, piuttosto vivi giorno per giorno cercando di realizzare ciò in cui credi!”.
Questa frase, per quanto efficace e sicuramente condivisibile da un punto di vista razionale, veicola un contenuto a bassa intensità emotiva.
In poche parole, per quanto giusta, questa frase difficilmente riuscirà a scatenare una reazione emotiva in chi la legge.
Diverso, ad esempio, è creare una storia in cui il protagonista, convinto sostenitore dell’uguaglianza e della convivenza pacifica tra gli uomini, lotta con tutte le proprie forze contro ogni tipo di sopruso, sabotaggio e discriminazione, per riuscire a costruire un grande edificio dove ospitare uomini e donne di diversa etnia ed estrazione sociale che vivono per strada e dimostrare così a tutti gli abitanti del proprio quartiere che la convivenza pacifica tra esseri umani è possibile.
Ecco, questo è un semplicissimo esempio di testo narrativo svolto con l’intento di veicolare il senso ed il fine dello scrivere.
Il rapporto tra scrittore e lettore
Catturare il lettore e coinvolgerlo emotivamente.
Questo l’obiettivo ultimo di chiunque decide di scrivere, qualunque sia il tema o la trama della sua opera o lo stile narrativo.
Già, il lettore.
In fondo è con lui che il testo narrativo “deve fare i conti” e, sotto questo punto di vista, il lettore è sovrano.
È sovrano perché è il lettore ad emettere, in ultima istanza, un giudizio sull’opera.
Ma non corriamo troppo, non anticipiamo i tempi.
In questa fase, piuttosto, è opportuno riflettere con attenzione sul rapporto tra scrittore e lettore
Lector in fabula
Lector in fabula, spiegava Umberto Eco.
Senza entrare nei dettagli della questione affrontata dal grande semiologo italiano nel suo celebre saggio (lo faremo, ma soltanto più avanti), la questione del ruolo del lettore e della sua funzione è tutt’altro che secondaria per chi scrive.
Una consapevolezza fondamentale e incontrovertibile che deve maturare in chi scrive è proprio questa: il lettore non è e non deve essere considerato un soggetto passivo, ossia che recepisce e fagocita indistintamente e acriticamente quanto veicolato da un testo.
Piuttosto il lettore ha un ruolo attivo nel “processare” quanto comunicato da un testo ed ha un ruolo attivo nello scorporarne il senso profondo.
Chi legge un romanzo o un racconto, può decidere di farlo per i motivi più svariati.
Si può leggere per imparare qualcosa di nuovo, per conoscere nuove storie, per emozionarsi, per fuggire dalla realtà o semplicemente per ammazzare il tempo.
Qualunque esso sia, il lettore ha un ruolo assolutamente centrale in quanto egli stesso compartecipa alla realizzazione della storia stessa.
Strana relazione quella che intercorre tra scrittore e lettore.
A pensarci bene, scrittore e lettore non si incontrano mai, se non nel testo scritto, che è il loro vero e solo punto di incontro.
Non si incontrano e non si conoscono.
Eppure l’uno ha irrimediabilmente bisogno dell’altro.
Lo scrittore trascorre mesi, se non anni, a comporre la sua opera, opera che ha come destinatario finale il lettore, ossia un individuo che l’autore mai ha visto prima e mai conoscerà (almeno è così per la stragrande maggioranza dei lettori di un libro).
Quest’ultimo, a sua volta, apre il libro ed inizia a leggere.
Ed è in quel momento, nell’istante esatto in cui gli occhi iniziano a scorrere le pagine, che la storia racchiusa nelle parole prende vita nella mente del lettore.
Eh, sì! Davvero singolare la relazione che intercorre tra scrittore e lettore.
A pensarci bene un testo narrativo non può fare a meno di nessuno dei due.
In fondo, una storia, senza qualcuno che la scriva, non esiste.
Allo stesso modo una storia, senza qualcuno che la legga, non esiste ugualmente.
Ti suggerisco di riflettere con attenzione e cura su questi aspetti. In questa fase potranno sembrarti considerazioni che lasciano il tempo che trovano.
In realtà questi sono aspetti fondamentali che hanno dei risvolti concreti e pratici nel lavoro di scrittura.
Il mio suggerimento è quello di mediare con attenzione su questi aspetti.
Più avanti, se non lo hai già fatto, scoprirai perchè!
Bene, spero che questo articolo sia stato interessante e utile, e che possa aiutarti a maturare un punto di vista più maturo e consapevole riguardo il lavoro di scrittura.
Se hai curiosità, interrogativi, dubbi, o vuoi esprimere la tua idea o condividere con me la tua esperienza a riguardo, scrivimi.
Sarei davvero lieto di confrontarmi con te!
Buona giornata
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