
La magia irresistibile dei libri di avventura
Quando si parla di libri di avventura, inevitabilmente il pensiero vola ai grandi romanzi di avventura che hanno fatto la storia di questo genere letterario.
Basta provare a pronunciare un qualche titolo di un libro d’avventura per ragazzi, che ecco iniziano a fare capolino le tigri di Mompracem di Salgari, le peripezie rocambolesche de Il giro del mondo in 80 giorni di Jules Verne, i pirati de L’Isola del tesoro di Stevenson con le bende sugli occhi, le gambe di legno, gli stivaloni, i coltelli e i pappagalli in spalla.
Titoli di libri di avventura nei quali, molto spesso, ci siamo imbattuti da ragazzi e nei quali siamo rimasti piacevolmente intrappolati.
Scene, situazioni, atmosfere, dialoghi, ambientazioni, duelli che ci hanno fatto sognare e che sentiamo nostri.
Mondi narrativi ai quali sentiamo di appartenere, dai quali abbiamo fatto ritorno come quando si fa ritorno da un lungo viaggio.
Porta di accesso, quella del libro di avventura, che di tanto in tanto, nel corso della vita, sentiamo il bisogno di varcare, per perderci nuovamente in quel territorio sconfinato a cavallo della nostra fantasia.
Libri di avventure incredibili, da sentirli come parte della nostra formazione e crescita.
Ecco che, ancora oggi, quando pensiamo ai libri di azione, alle storie rocambolesche, inevitabilmente le rapportiamo alla letteratura per ragazzi o alla letteratura per bambini.
In realtà ci sono opere della narrativa di avventura che sovvertono ogni tentativo di categorizzazione e che appartengono alla memoria sia di lettori adulti sia di lettori piccoli.
Libri avventura
Come appena detto, basta mettere insieme le parole “libri avventura” per accendere la fantasia ed evocare un universo emozionale meraviglioso.
Ma da dove nasce la magia di questo genere letterario?
O meglio: qual è il segreto per dare vita ad una narrazione, quella dei libri di avventure, capace di mettere tutti d’accordo?
Possiamo partire col dire che, come uno scrittore traccia in dettaglio la mappa in cui ambienterà la sua storia, così conviene affrontare gli elementi essenziali del genere avventuroso.
Romanzi di avventura
Dare una definizione precisa di un genere letterario non è cosa facile.
Nel provare a dare una definizione di romanzi di avventura, il rischio è quello di tralasciare, in un modo o in un altro, elementi che possano essere caratterizzanti.
Una delle definizioni di letteratura di avventura più suggestive ed efficaci, è quella fornita dall’intellettuale britannico Jeffrey Richards, che aveva definito l’avventura come:
“un gruppo di narrative in cui si evidenzia il primato dell’agire rispetto al primato del sentire”.
Una definizione particolarmente riuscita, abbastanza ampia da includere aspetti ed elementi diversissimi, ma sufficientemente chiara per l’autore che decide di scrivere un racconto di avventura o un vero e proprio romanzo di avventura.
Viene da sé, pertanto, che vi sarà bisogno di personaggi d’azione più che di personaggi di parola, così da non tradire le aspettative di chi sceglie libri di avventura da leggere.
Ma l’azione non basta per dare vita ad una storia avventurosa.
È necessario che accada qualcosa che stravolga profondamente la vita del protagonista.
Don D’Ammassa, celebre scrittore e critico statunitense, nella prefazione della sua Encyclopedia of Adventure Fiction, definisce l’avventura come “un evento, o una serie di eventi, che accadono al di fuori della vita ordinaria del protagonista, normalmente causando pericolo”.
E sono davvero tantissime le cose che possono essere considerate come “eventi fuori della vita ordinaria del protagonista” che, in un modo o in un altro, possono rappresentare una minaccia.
In Robinson Crusoe, ad esempio, è facile individuare i due elementi fondamentali quali il naufragio e il pericolo incombente di morire di fame su un’isola deserta.
Più insidioso e subdolo, invece, è il rischio per Sandokan.
Qui l’evento destabilizzante, per un uomo di avventura come lui, non sono tanto i duelli e le battaglie, quanto piuttosto innamorarsi di Marianna.
Il rischio è che quella donna si riveli molto più pericolosa di tutti gli uomini del temibile Lord Brooke.
Dato che l’elemento straordinario è l’architrave su cui si regge l’intera trama di un romanzo di avventura, uno schema abbastanza consolidato è quello di iniziare con la “presentazione” del protagonista assorto nella sua quotidianità, ignaro di quanto sta per accadergli.
Un passaggio questo che consentirà al lettore di comprendere il contesto (luogo, epoca, dimensione sociale, ecc.) in cui è ambientata la vicenda.
Soprattutto consentirà dì scoprire il protagonista, nel quale, presumibilmente, si immedesimerà, se lo scrittore d’avventura è abbastanza abile da creare empatia tra protagonista e lettore, empatia che è la base per la scrittura di qualsiasi storia e non soltanto della narrativa d’azione.
Un passaggio importante, che può essere anche breve e rapido come una pennellata, ma ugualmente decisivo e caratterizzante.
Ne La tigre della Malesia di Emilio Salgari, la definizione dell’ambientazione viene risolta in poche, ma precisissime, parole:
in una notte di terribili temporali, nel suo covo stracolmo di splendidi tappeti, pietre preziose, oro e tantissime altre prede dei suoi abbordaggi, il sanguinario pirata Sandokan attende con una insolita inquietudine l’arrivo del suo amico fraterno, il gentiluomo portoghese Yanez de Gomera. Il pirata è impaziente di vederlo per confidargli l’emozione che gli suscita il nome di una donna mai vista, la Perla di Labuan.
D’improvviso l’evento straordinario si palesa: la donna “tocca stranamente una corda sconosciuta del mio cuore” confida Sandokan a Yanez.
Basterà questo al pirata per intraprendere un coraggiosissimo sbarco in terra nemica, al solo scopo di incontrare e conoscere la donna misteriosa.
E, intorno a quell’incontro, ruoterà l’intera vicenda.
Una volta introdotto l’evento straordinario, la storia può prendere pieghe molto diverse.
Tre sono gli elementi di base che, sebbene vengano utilizzati in storie di qualsiasi genere letterario, si rivelano particolarmente efficaci nei libri di avventura.
Il primo è l’Elemento misterioso.
MacGuffin
L’Elemento misterioso (meglio noto come MacGuffin) è un archetipo che proviene direttamente dalla fiaba.
Pensiamo, per fare un esempio, alla scarpetta di Cenerentola o agli stivali indossati dal Gatto.
Ancora oggi, in maniera più o meno evidente, diviene l’elemento centrale di tanti romanzi d’avventura, ovvero la base di storie la cui trama si sostanzia nel “dobbiamo trovare la Cosa prima che la trovino loro”.
Un esempio lo ritroviamo in quello che è universalmente riconosciuto come uno tra i migliori libri di avventura di sempre, più precisamente nella mappa del vecchio pirata ne L’Isola del tesoro di Robert Louis Stevenson.
L’Elemento misterioso, per fare un esempio, è un escamotage narrativo assolutamente imprescindibile nella costruzione delle trame d’avventura, tanto che Alfred Hitchcock gli ha perfino dato un nome proprio: MacGuffin.
Nella narrativa di avventura, il MacGuffin può possedere proprietà magiche, vere o presunte dai protagonisti, come per esempio i teschi di cristallo di Indiana Jones, che i personaggi della storia ritengono essere i resti di visitatori sconosciuti.
Essi hanno caratteristiche preziose e rare, tanto da attirare l’interesse dei cattivi, in questo case le spie sovietiche.
Tuttavia un buon MacGuffin nella storia d’avventura può essere, e nella maggior parte dei casi è, un elemento privo di ogni valore o potere straordinario.
Poco importa.
Ciò che conta è che agli occhi dei personaggi assuma una valenza determinante, tale da innescare l’enfasi e scatenare l’azione.
Quel tanto che basta per mettere in moto la narrazione, motivo per cui non è necessario che l’influenza del MacGuffin duri fino alla fine della vicenda.
Un uso assolutamente magistrale del MacGuffin lo ritroviamo in Psycho del maestro del brivido Alfred Hitchcock.
Più precisamente in quella busta con all’interno 40.000 dollari.
All’inizio tutta la storia ruota intorno a questa strana busta che, a un certo punto, non viene più menzionata, mentre la trama prende tutt’altra direzione.
Ciò ci porta a sottolineare un aspetto molto particolare del MacGuffin:
non importa che il lettore scopra il vero significato dell’elemento misterioso, come non è necessario neppure che lo conosca l’autore stesso.
Per dirla tutta, non importa nemmeno cosa sia questo elemento misterioso.
Ciò che veramente è conta è l’effetto che determina sulle azioni dei protagonisti della storia, oltre che su chi legge.
Per dirla con una scena del maestro del brivido Alfred Hitchcock:
Pensiamo a due amici in treno.
Uno chiede: “Che cos’è quel pacco che ha messo sul portabagagli?” e l’amico risponde: “Niente, è un MacGuffin”.
“Ah, e che cos’è un MacGuffin?”
“Un marchingegno per catturare leoni sulle colline scozzesi”.
“Ma non ci sono leoni in Scozia!”.
E l’altro taglia corto: “E io che ti dicevo? Allora non c’è nemmeno un
MacGuffin! Come vedi, un MacGuffin non è niente”.
Ciò che conta è che il MacGuffin riesca ad innescare trame avvincenti, non importa che possieda proprietà intrinseche particolari.
Anzi, è bene che non ne abbia.
Se ne possiede, il rischio è che l’Elemento misterioso, con le sue caratteristiche straordinarie, possa monopolizzare la scena facendo scivolare tutto il resto in secondo piano.
O, peggio ancora, portare la storia d’avventura a sfociare in generi letterari completamente diversi, ad esempio nel fantasy, dove l’elemento magico spesso e volentieri ruba la scena ai protagonisti o diventa esso stesso protagonista.
I libri di avventura ci insegnano che è sempre bene mettere al centro donne e uomini di azione.
Il viaggio avventuroso
Il viaggio è un altro topos fondamentale dei libri di avventura.
In modo particolare il viaggio in mare.
L’avventura in mare è archetipo che affonda le sue radici nella notte dei tempi, fino alle origini stesse della storia della letteratura.
Basti pensare all’avventura legata al viaggio epico di Ulisse.
O alla letteratura persiana dove, intorno all’anno Mille, vennero raccolte nel corpus delle Mille e una notte le storie della tradizione che avevano come protagonista il marinaio Sinbad e le sue incredibili avventure durante i viaggi nel sud dell’Asia e in Africa orientale.
In Europa, nell’Ottocento, è Jules Verne che, nei suoi romanzi d’avventura, ci regala interpretazioni straordinarie di quelle che sono le strutture narrative basate sul viaggio.
Viaggio al centro della Terra, Il giro del mondo in 80 giorni.
E poi il proiettile sparato in cielo che spedisce i primi astronauti sulla luna o la rotta del Nautilus in 20mila leghe sotto i mari.
In generale l’intera produzione d’avventura di Verne ruota intorno al tema del viaggio.
Ciò che l’autore di libri di avventura non deve mai perdere di vista è quale sia l’effetto del viaggio sulla psicologia e sulla personalità dei personaggi.
E, in modo particolare, sul protagonista dell’avventura.
Ciò dipende soprattutto dalla tipologia di romanzo che si scrive.
Se si tratta di un romanzo d’avventura seriale, in cui il protagonista farà i conti con mille altre peripezie, al termine del viaggio non sarà molto diverso da com’era quando è partito.
ln altri tipi di storie d’avventura, invece, il viaggio per il protagonista non si configura soltanto come uno spostamento nello spazio, ma anche come un viaggio della mente, oltreché dell’animo:
il viaggio, per mari, monti, deserti e foreste, minacciato da nemici e pericoli di ogni sorta, mette a dura prova la tenuta fisica e mentale del protagonista, che patirà ogni sorta di dolore e privazione.
Sfide che forgiano l’animo del protagonista e che via via diviene più sicuro di sé.
Un espediente, questo, molto diffuso nel romanzo di formazione e nella letteratura per ragazzi in generale.
Un classico esempio è Kim, il fanciullo un po’ irlandese un po’ indiano del romanzo di Rudyard Kipling.
Kim, dopo aver affrontato mille peripezie, cresce fino a divenire un giovane modello.
Oggi sarebbe impensabile una storia del genere, ovvero una storia dove la perfetta “maturazione” interiore dei ragazzi li porta a divenire adulti ammirevoli, tali da occupare le posizioni più importanti di una piramide sociale.
Quello che era un elemento caratterizzante dei libri di avventura per ragazzi a cavallo tra Ottocento e i primi del Novecento, nella narrativa d’avventura contemporanea lascia il posto ad un tipo di emancipazione più intima e aderente alla realtà.
Un esempio è L’Alchimista di Paulo Coelho.
Il romanzo dello scrittore brasiliano racconta la storia di un pastore che intraprende un lungo viaggio, sospinto da un sogno ricorrente:
mettere le mani su un grande tesoro che si trova ai piedi delle Piramidi d’Egitto.
Durante il viaggio, il pastore si imbatterà in un personaggio misterioso, l’alchimista, che gli insegnerà ad ” ascoltare il suo cuore” e a conoscere lo spirito del mondo e il Linguaggio Universale per parlare al sole e al vento, fino a far avverare la sua leggenda personale.
L’alchimista di Coelho e il monaco buddista di Kipling sono esempi di personaggi assolutamente imprescindibili del romanzo avventuroso di formazione:
la guida spirituale che prende per mano il fanciullo e lo assiste nella sua trasformazione in adulto di successo.
La ricerca di un Altrove
Scrivere un racconto di avventura o anche un libro d’avventura oggi, richiede all’autore di affrontare e risolvere un problema che non è di poco conto: l’ambientazione.
Sono lontani ormai i tempi in cui era possibile ambientare una storia d’avventura in uno degli angoli sconosciuti o inesplorati del pianeta.
Nel mondo interconnesso del nostro tempo, in cui si assiste ad uno spostamento costante e globale di persone e merci, è sempre più difficile trovare un “altrove” avvincente e originale che possa fare da scenario alle vicende di una narrazione avventurosa.
Pertanto molti scrittori d’avventura hanno iniziato a cercare quell’”altrove” dentro se stessi, in viaggi nell’ambito della realtà virtuale o nelle alterazioni psichedeliche determinate dalle droghe.
Un esempio è il film Tron, dove il protagonista veniva risucchiato all’interno di un computer, o Inception, dove Dom Cobb, il protagonista, fa irruzione nei sogni delle persone per rubare segreti industriali.
Long John Silver
Ambientato nel Settecento, il romanzo di Robert Louis Stevenson ha inizio quando Jim Hawkins, il ragazzino protagonista, si ritrova tra le mani la mappa del tesoro del capitano Flint.
Jim Hawkins racconta la sua incredibile scoperta al dottor Livesey e al cavalier Trelawney, che preparano una nave e salpano per andare in cerca del tesoro.
Ma è solo in mare aperto che il giovane Jim si rende conto che l’equipaggio arruolato per la traversata è costituito perlopiù dai vecchi compagni di Flint, agli ordini di Long John Silver, il cuoco di bordo.
Al di là dello sviluppo della storia, con questo romanzo d’avventura Stevenson fissa i canoni della figura del pirata:
giovane, risoluto, individualista, crudele, ma con un suo senso dell’onore.
A bordo delle navi pirata vige una sorta di democrazia primitiva, dove il capitano viene eletto dalla ciurma e il malloppo viene diviso in base al ruolo di ognuno, dal capitano al mozzo.
Stevenson caratterizza anche la figura del predone dei mari, con camiciona svolazzante per non farsi intralciare durante il combattimento, cappellaccio o fazzoletto per ripararsi dal bruciante sole dei tropici, orecchino, spadone, stivaloni e sul corpo le cicatrici di una vita avventurosa:
bende sull’occhio, gambe di legno, uncini.
Proprio come nella realtà, i pirati sono giovani e forzuti, e i rapporti di potere sulle navi sono fondati sul consenso e non sull’autorità incontrastata del capitano.
Il capitano dei pirati era primus inter pares, e può essere deposto in qualunque momento (come accade anche a Silver ne L’Isola del tesoro).
Il Corsaro Nero
Il pirata di Stevenson è un’immagine romantica e idealizzata del vero pirata.
In ogni caso molto più realistica dei pirati di Salgari nel ciclo de Il Corsaro Nero.
Il Cavaliere di Roccabruna di Salgari deve tanto al romanzo di Stevenson, ma la sua psicologia è molto diversa.
Il Corsaro Nero, più che un predone, è più vicino ad un eroe positivo, sempre coraggioso e fiero, mosso non tanto dall’avidità – come ci si aspetterebbe da uno che assalta navi – ma dalla sete di vendetta.
Non appare mai sciagurato, neanche quando è autore di efferatezze disumane, arrivando perfino ad abbandonare in una scialuppa Honorata, la sua stessa donna.
Long John Silver di Stevenson è invece un pendaglio da forca, un delinquente senza onore e senza scrupoli, un vero infame che però nel momento del bisogno salverà la pelle a Jim Hawkins, rivelandosi così un personaggio dalla psicologia ben più complessa dell’eroe salgariano, tanto che in diversi passaggi Silver viene utilizzato da Stevenson per esemplificare quanto la morale possa essere ambigua.
La fantasia contagiosa di Emilio Salgari
Tra i fondatori del romanzo d’avventura uno scrittore di riferimento è Emilio Salgari, autore di circa ottanta romanzi e creatore di personaggi indimenticabili:
Sandokan, Marianna Yanez, Lord Brooke, Kammamuri, Tremal-Naik, Jolanda e suo padre il Corsaro Nero, sono soltanto alcuni.
Dotato di fervida fantasia, Salgari ci ha raccontato della Malesia e dell’India senza mai esserci stato.
Era Salgari stesso a precisare, con orgoglio, di essere in grado di viaggiare moltissimo senza mettere piede fuori dal proprio studio, con il solo ausilio di riviste illustrate e mappamondo.
Emilio Salgari, infatti, aveva cullato a lungo il desiderio di diventare capitano di lungo corso ma l’unico viaggio che aveva mai fatto in mare era stata la tratta Venezia-Brindisi.
Appassionato di Verne e Alexandre Dumas padre, Salgari cominciò a scrivere molto presto.
A vent’anni pubblicò il racconto I selvaggi della Papuasia sulla rivista milanese “La valigia. Giornale illustrato di viaggi” e da allora si cimentò nella scrittura di libri di avventura.
Lo stile di Salgari era spesso istintivo, fortemente evocativo, tanto da destare nei suoi editori non poche preoccupazioni.
Nel Veneto del 1883, leggere sul quotidiano cattolico “La nuova Arena” le peripezie “del più terribile e il più capriccioso dei pirati della Malesia, un uomo che più di una volta era stato visto bere sangue umano, e, orribile a dirsi, succiare le cervella dei moribondi”, era una cosa destinata a sollevare parecchio clamore.
In un mondo dove i buoni sentimenti del libro Cuore erano considerati come la lettura più adatta per “educare” i ragazzi, un pirata sanguinario e cannibale non era esattamente quello che le buone famiglie desideravano per i loro figli.
Come previsto, le polemiche furono tantissime, ma ciò non impedì ai lettori di innamorarsi della Tigre della Malesia.
Non dello stesso sentimento la critica.
Il mondo intellettuale italiano di fine Ottocento era visceralmente affezionato ai canoni della bella prosa per lasciarsi catturare dalla potenza narrativa della prosa salgariana.
Non sappiamo se Salgari patisse o meno le stroncature della critica.
Ciò che è evidente è che le tantissime ristampe dei suoi libri non furono sufficienti a garantirgli una vita agiata.
Baciato dalla fortuna come narratore, Salgari non ebbe altrettanta fortuna in vita.
Sposato e padre di quattro figli, dovette affrontare prima la malattia mentale della moglie Ida Peruzzi, poi il tunnel dell’alcol e un esaurimento nervoso che lo condussero a 48 anni al suicidio.
I romanzi di Emilio Salgari più famosi, quelli amati tanto dai giovani quanto dagli adulti, sono I misteri della jungla nera, Sandokan alla riscossa, Il Corsaro Nero, Jolanda, la figlia del Corsaro Nero, Le tigri di Mompracem.
Personalità complessa, Salgari era una sorta di anarchico della scrittura, un anarchico dotato di un rigore quasi maniacale per quanto riguardava la fase di documentazione.
Innamorato della propria immagine di bohèmien, Salgari era davvero abilissimo nell’occuparsi di quello che oggi definiremmo marketing editoriale.
Celebri le sue trovate pubblicitarie.
La più famosa è quella in cui, ad un funerale, introdusse una misteriosa dama vestita di nero, da tutti prontamente additata come l’amante segreta del defunto.
Salgari lasciò credere che così fosse, attese che montasse il chiacchiericcio e quando ormai tutta Verona non faceva che parlare di questo, l’autore rubò la scena a tutti annunciando che la misteriosa dama in nero altro non era che la protagonista del suo romanzo in uscita di lì a poco.
Scrittore, come detto, dalla personalità imprevedibile, perfettamente inserito nei filoni letterari più influenti (a partire dalla Scapigliatura), Salgari amava offrire di sé un’immagine molto più artificiosa di quanto si possa pensare.
E forse, per provare a comprendere a fondo quell’inquietudine esistenziale di uno scrittore d’avventura, si dovrebbe assolutamente leggere l’unico suo scritto a forte carica autobiografica: La bohème italiana.
Come scrivere romanzi di avventura
Una domanda molto frequente riguardo questo genere letterario è: come scrivere romanzi di avventura?
Per scrivere romanzi di avventura o anche racconti di avventura è fondamentale avere la fervida immaginazione di un adolescente e la grande capacità di creare situazioni e ambienti assolutamente originali entro cui articolare la trama d’azione.
Motivo per cui, ad esempio, prima di lanciarsi nella stesura di un libro, Stevenson si serviva di carte geografiche molto dettagliate.
Libro d’avventura per ragazzi
La narrazione d’avventura è in assoluto quella che vanta i legami più stretti col gioco.
Un autore che non è disposto a tornare ragazzo e giocare è bene che prenda a frequentare altri generi letterari.
Per riuscire a scrivere un buon libro d’avventura per ragazzi bisogna saper parlare ai giovanissimi;
Non solo.
Per scrivere un romanzo d’avventura per adulti bisogna saper parlare al bambino nascosto dentro ognuno di noi.
E, in ogni caso, occorre lanciarsi all’avventura con lui.
Lo si può fare mediante semplici quanto efficaci giochi di fantasia, del tipo “facciamo che io ero D’Artagnan e tu Tex Willer”.
In questo modo si raccoglie una delle grandi sfide che si pone dinanzi allo scrittore di avventura: saper contaminare generi diversi e trovare nuove soluzioni per operare la giusta sintesi tra scritture narrative differenti.
Un ottimo esempio è la narrativa di Stevenson o di Valerio Evangelisti, che hanno fuso le storie di pirati con il rigore del romanzo storico.
Ancora, i giochi di ruolo, che con le loro regole e i loro schemi d’azione sono utilissimi per imparare a gestire i rapporti tra personaggi all’interno di quella che è la finzione narrativa.
Dare vita ad un mondo narrativo coerente e credibile presuppone grande lavoro e disciplina.
Un altro utile insegnamento può provenire dai videogiochi, in modo particolare quelli basati sull’esplorazione, dai quali si può imparare ad apprendere il senso della profondità e degli spazi.
Tutto quanto può essere utile per visualizzare lo scenario e lo spazio entro cui calare la storia dei personaggi è bene utilizzarlo.
Romanzo avventura
Romanzo avventura, uguale atmosfera!
L’atmosfera dei luoghi è un fattore fondamentale per la suspense e il pathos propri dell’avventura.
Pensare di poter creare tutto dal nulla sarebbe un’impresa destinata a fallire fin dall’inizio.
Ognuno si è formato sulle proprie letture, sui film preferiti e sulle narrazioni che più di ogni altra cosa lo hanno appassionato.
Pertanto il primo serbatoio da cui attingere contenuti è proprio tutto ciò che ci appassiona e che ci ha appassionato.
Ma di cosa servirsi in particolare?
Qualsiasi cosa può essere utile per accendere la fantasia e dare vita alla narrazione.
Luoghi, ambientazioni, personaggi, atmosfere, dettagli, situazioni, frasi.
Tutto può essere utile.
Ovviamente, non si tratta di copiare, bensì di lasciarsi ispirare da tutto ciò che suscita emozioni e sensazioni, oltre che provare a ricombinare i vari elementi, escamotage che spesso e volentieri, senza accorgercene, ci mette dinanzi ad una storia bella e pronta per essere raccontata.
Un ruolo particolare lo rivestono i dettagli tecnici, fondamentali non solo per riprodurre l’atmosfera tipica dell’avventura, ma anche per arricchire, in termini di verosimiglianza, una narrazione.
Ragion per cui, per fare un esempio, è palesemente sbagliato ritenere che un viaggio a cavallo da Madrid a Parigi possa durare un solo giorno, così non si può scrivere che a piedi si possano percorrere mille miglia in un’ora.
Libri da leggere di avventura
Per scrivere romanzi d’avventura è fondamentale poter disporre di tante e precise informazioni, ovvero poter contare su un’ampia e accurata documentazione.
Inoltre, cosa che non può mai mancare, è l’esperienza diretta della realtà che si ha intenzione di descrivere.
In passato non vi era scelta, la via obbligata era una sola: recarsi in biblioteca e provare a consultare tutto quanto poteva essere utile, ovvero libri di storia e di viaggi, romanzi, dizionari d’ogni genere, enciclopedie, almanacchi, mappe, guide, carte geografiche.
Oggi le occasioni e le possibilità per documentarsi si sono moltiplicate.
Basti pensare all’enorme flusso di informazioni offerto da televisione, radio e giornali, per non parlare delle possibilità offerte dalla rete.
Mappe, foto satellitari, immagini, filmati, musiche, resoconti suoi luoghi, sugli usi e i costumi dei territori che ci interessano, sono solo alcune delle tante possibilità a disposizione per poter produrre la documentazione necessaria per scrivere una storia d’avventura.
Un’opportunità straordinaria, ma che da sola non basta.
Nulla può sostituire la lettura dei migliori libri di avventura.
Proprio così.
Per scrivere libri di avventura è bene aver letto tanto in generale e, in modo particolare, romanzi di avventura.
Solo così si può maturare quel bagaglio esperienziale tipico delle storie di avventura e quella particolare propensione alla narrativa d’azione.
Il manuale del perfetto avventuriero
“Che l’avventura non esiste è un’affermazione che dovrebbe avere valore di legge.
L’avventura risiede nello spirito di chi la cerca e, non appena si riesce a toccarla con un dito, quella svanisce per rinascere più in là, in altra forma, ai confini della fantasia. […]
Vivere l’avventura, anche a grandi linee, è assai pericoloso, poiché di solito il risultato non è che una somma, più o meno grande, di delusioni e di rimpianti. […]
Gli avventurieri si dividono in due grandi categorie, a loro volta ulteriormente divisibili in sottosezioni, anche numerose.
La prima potrebbe essere la categoria degli “avventu¬rieri attivi” e la seconda quella degli “avventurieri passivi”. […]
È sempre pericoloso abbandonarsi ai libri, dove tavole e leggi sono dettate dalla pura immaginazione […].”
Questo breve passo è tratto da un manualetto che chiunque ami la lettura e l’avventura dovrebbe leggere.
Si tratta del Piccolo manuale del perfetto avventuriero, dell’autore francese Pierre Mac Orlan, pubblicato nel 1920.
É un testo che può essere letto e utilizzato in modi diversi da chi vuole imparare a scrivere libri di avventura.
Un vero e proprio manuale ricco di spunti e soluzioni, come si può facilmente evincere dai titoli dei capitoli:
Varie categorie di avventurieri
1- L’avventuriero attivo
2- L’avventuriero passivo
3- Come si diventa avventurieri passivi
4- Il ruolo della fantasia
5- Della lettura
6- Inutilità dei viaggi e della documentazione vissuta
7- Viaggi che ci si può permettere
8- Città da frequentare
9- I caffè
10- Dell’erotismo
11- La formazione del soggetto
12- Rapporti con l’avventuriero attivo
13- Diverse fini dell’avventuriero attivo
14- Fine normale dell’avventuriero passivo
15- Possibilità
Scrivere d’avventura oggi
Scrivere d’avventura oggi richiede un deciso cambio di rotta rispetto al passato.
Piuttosto che frequentare scenari extra-ordinari, come è stato per gran parte della storia di questo genere, la scrittura d’avventura può cercare nuovi spunti battendo altri sentieri, come quelli della realtà quotidiana.
Eroi invincibili, cavalieri impavidi, condottieri infallibili che affrontano mille e più peripezie per poi ritornare come nulla fosse alla vita di sempre, appartengono ad un tipo di narrativa e ad un pubblico che ormai non c’è più.
Nel cimentarsi nella stesura di libri di avventura oggi, molto meglio provare a dare voce al nostro tempo e alla realtà quotidiana, che può essere una fonte inesauribile di informazioni e suggestioni.
Avventura in città
Un esempio perfetto di scenario urbano che fa da sfondo a un’avventura ad alta tensione è il romanzo di Geoffrey Household L’uomo che non doveva vivere.
Siamo alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale:
con tipico aplomb britannico, un giovane aristocratico ha deciso di simulare un attentato a Hitler, prendendolo di mira senza premere il grilletto, per il puro piacere di dimostrare come vi sia la possibilità concreta e reale di uccidere il dittatore.
Scoperto e catturato dalla Gestapo, riesce a scappare dalla Germania, ma i tedeschi lo inseguono fino a Londra, perché non hanno intenzione di lasciare in vita un uomo capace di un tentativo del genere.
Le pagine più emozionanti del romanzo sono proprio quelle in cui il protagonista fugge dalla Gestapo tentando di dileguarsi nella rete suburbana della capitale inglese.
Ecco che le stazioni della metro di Londra assumono un’atmosfera sinistra.
Sembrano evocare territori inesplorati, quando sappiamo perfettamente che il protagonista in fuga sta attraversando il più temibile degli scenari, quello della città in cui vive.
L’avventura cambia il punto di vista, delineando stati d’animo dominati dall’inquietudine e dall’incertezza.
A questo punto la questione ruota intorno alla possibilità di riuscire a riportare le cose a come erano in precedenza.
Da un punto di vista narrativo la possibilità di fornire ai lettori uno sguardo sull’inaspettato che irrompe nell’esistenza ordinaria fa impennare l’interesse e la curiosità verso la storia.
Non tanto per il desiderio di “evadere”, quanto scoprire nuove situazioni e atteggiamenti in personaggi e vicissitudini nelle quali, sostanzialmente, tutti finiscono per riconoscersi.
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