Come scrivere un incipit efficace

Che cos’è un incipit?

L’incipit è l’inizio di un romanzo o di un racconto.

È l’attacco, quella parte di testo con cui si comincia a raccontare una storia e, pertanto, quella che introduce progressivamente il lettore all’interno della storia che abbiamo creato per lui.

Sono le prime frasi, il primo blocco di testo su cui il lettore poggerà lo sguardo e inizierà a fare scorrere gli occhi.

Incipit significato

L’incipit di un libro è un po’ la porta, il varco, che il narratore apre per far entrare il lettore all’interno della storia.

È proprio in queste primissime frasi della narrazione che si schiude pian piano dinanzi al lettore l’universo che abbiamo creato per lui, con la sua miriade di stimoli, suggestioni, relazioni, che hanno il compito di attirarlo e spingerlo a continuare nella lettura.

È nella capacità dell’autore di tenere incollato alla pagina il lettore che deriva la possibilità che quest’ultimo decida di proseguire nella lettura.

Perché è importante scrivere un incipit efficace

Scrivere un incipit efficace è fondamentale, perché è proprio dalla capacità di coinvolgere, attrarre, incuriosire il lettore, sin dalle prime battute, che deriva la sua scelta di proseguire o meno la lettura di un testo.

Un po’ quello che capita a tutti noi quando prendiamo tra le mani un libro che non conosciamo.

Cosa facciamo?

Apriamo, andiamo alla prima pagina e iniziamo a leggere.

Se ci attrae quanto leggiamo, proseguiamo ancora un po’ e se ci accorgiamo, dopo qualche pagina, di essere interessati a quanto scritto, è molto probabile che decidiamo di leggerlo tutto.

Viceversa, se quanto letto non ci cattura, dopo poche righe è molto probabile che chiuderemo il libro e lo riporremo dov’era.

Viene da sé, dunque, quanto l’incipit (o attacco) sia assolutamente fondamentale, in quanto è in buona parte da quanto scritto nelle prime righe che dipende la possibilità da parte del lettore di proseguire o abbandonare la lettura.

Pertanto, curare un incipit nei minimi dettagli.

Come scrivere un incipit efficace

Diciamo subito che non esiste una regola o una formula precisa per scrivere un incipit efficace.

L’incipit per antonomasia, il più tradizionale e classico degli attacchi, il celebre “C’era una volta…” a cui faceva seguito una descrizione e poi un’azione, non si usa più.

Incipit in medias res

Oggi quando si scrive un incipit si tende a farlo in maniera molto diversa rispetto al passato e sono sempre di più gli autori che decidono di partire proprio dall’azione (incipit in medias res).

Medias res significato

Una delle soluzioni più diffuse ed efficaci è quella di attaccare direttamente in medias res, ovvero “nel mezzo della situazione o dell’azione”.

Infatti è buona regola catapultare da subito il lettore all’interno della vicenda, affinché possa rimanervi piacevolmente imprigionato.

Pertanto un incipit immediato e capace di esprimere una certa intensità emotiva unito ad una struttura sintattica originale, è un primo strumento fondamentale che lo scrittore ha a disposizione per cercare di fare breccia nel lettore.

Esempi di incipit

Facciamo qualche esempio.

Immaginiamo che questo sia l’inizio di un racconto, un racconto in medias res, o anche l’incipit di un libro:

“La aspettava ormai da troppo tempo e non credeva più che sarebbe arrivata.”

Dunque:

Chi “aspettava” chi? Per quale motivo?

Non da tanto, ma “…da troppo tempo…”. Perché questo senso di urgenza e insofferenza. Cosa sarà accaduto mai?
“non credeva più che sarebbe arrivata”. Perché?

Ecco, leggendo questo incipit si è tratti in inganno a partire proprio dal pronome femminile “la” ad inizio frase.

La protagonista della storia “chi” aspettava?

Aspettava qualcuno o qualcosa?

Ebbene, la protagonista di questa storia aspettava… una lettera.

Iniziare la narrazione con un pronome è una scelta sintatticamente audace, in quanto il pronome, di per sé, dovrebbe sostituire un nome già comparso in precedenza.

L’effetto che si ottiene con questo espediente retorico è quello di tenere in sospeso la comprensione generale del discorso e ampliare così il ventaglio di possibili significati delle parole iniziali.

In questo modo è possibile ottenere un effetto-sorpresa che sicuramente cattura e incuriosisce il lettore, presupposto questo affinché possa decidere di continuare nella lettura del nostro testo.

Sia ben chiaro: questo è solo uno dei tantissimi stratagemmi che si possono utilizzare per cercare di innescare un effetto sorpresa.

Come detto, non esiste una regola o una formula per creare un incipit davvero efficace.

Originalità, creatività e fantasia sono senz’altro ingredienti fondamentali.

Tipi di incipit

Esistono diversi tipi di incipit, anche se una formula per creare un incipit efficace non esiste.

Tante e troppe sono le variabili che subentrano nella realizzazione di un incipit, per poter pensare di poter individuare una qualche sorta di schema attraverso cui realizzarlo.

Tuttavia, sebbene non esista una formula per scrivere un incipit efficace, è possibile individuare una serie di errori da evitare quando si scrive un incipit.

Gli errori in questione possono essere davvero tanti, come tanti possono essere i motivi per cui un attacco, scritto in maniera corretta, può risultare poco efficace.

Tre in particolare sono gli errori che si rischia di commettere quando si scrive un attacco e si tratta di veri e propri errori ammazza libro, ovvero errori che potrebbero seriamente compromettere la possibilità che il lettore sopravviva alle prime pagine e prosegua nella lettura del testo.

Tre, in generale, sono i tipi di incipit da cui è bene tenersi alla larga:

– l’incipit descrittivo (o stile identikit)

– l’incipit anticipazione

– l’incipit con una lunga digressione

Incipit descrittivo

Il primo e anche il più frequente, riguarda la descrizione pedante e cavillosa di un personaggio, quasi sempre il protagonista.

“Paolo, un ragazzo di vent’anni con i capelli neri, gli occhi verdi, la mascella volitiva, labbra tumide, sopracciglia folte, il naso aquilino, le mani sottili dalle dita lunghe, un piccolo neo sulla guancia sinistra e una cicatrice di due centimetri all’altezza dello zigomo destro…”

Un attacco del genere, che risuona come un vero e proprio elenco di dettagli, non aiuta a caratterizzare il personaggio ma serve, tutt’al più, ad annoiare il lettore e ad uccidere la sua curiosità e il suo desiderio di proseguire nella storia.

Queste parole, infatti, sembrano più un identikit da stazione di polizia, piuttosto che l’incipit di un testo narrativo.

Incipit anticipazione

Un secondo errore molto comune è quello di scrivere un incipit che lascia trapelare troppo della storia che ci si appresta a raccontare, facendo perdere immediatamente suspense e pathos alla narrazione e, di conseguenza, facendo crollare a picco l’interesse da parte del lettore per la storia.

In alcuni casi, addirittura, dalle poche righe iniziali, sia che si tratti di un racconto che di un romanzo, si capisce immediatamente quale piega prenderanno gli eventi e come finirà la storia.

Proprio così!

Tanti gli scrittori che commettono l’errore di svelare l’intera storia già dalle battute iniziali.

Un esempio:

“Paola, la cameriera del ristorante all’angolo, stava servendo un cliente quando un gatto si lanciò sulla zuppa di pesce. Paola diede un urlo. Dallo spavento (inciampò) perse l’equilibrio e batté forte la testa su una sedia. Un dolore incredibile. Il sangue scorreva copioso da uno zigomo. Stesa in terra guardava immobile il soffitto, pensando che quelli sarebbero stati gli ultimi istanti della sua vita. Paola, però, non sapeva ancora che quella sera in sala c’era Luca, un giovane medico che l’avrebbe soccorsa e che sarebbe diventato l’amore della sua vita, quello con cui avrebbe vissuto il resto dei suoi giorni in una splendida villa in riva a mare tra serate di gala e a dipingere quadri, la sua grande passione.”

Ecco, un attacco del genere, che svela l’intera storia è da evitare.

Incipit digressione

Scrivere un incipit che sia un lungo preambolo o una a lunga digressione, sullo stile dei romanzi dei secoli scorsi, oggi non ha molto senso.

Ciò non vuol dire mettere in discussione l’efficacia narrativa delle grandi opere del passato, assolutamente.
Semplicemente, i tempi sono cambiati per cui, partire con un incipit che sia una digressione lunga e minuziosa, si corre il rischio di far scemare l’interesse e la curiosità del lettore.

Tra gli incipit famosi di romanzi, consideriamo ad esempio l’incipit de I Promessi Sposi:

“Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare di quelli, vien, quasi a un tratto, a ristringersi, e a prender corso e figura di fiume, tra un promontorio a destra, e un’ampia costiera dall’altra parte; e il ponte, che ivi congiunge le due rive, par che renda ancor più sensibile all’occhio questa trasformazione, e segni il punto in cui il lago cessa, e l’Adda rincomincia, per ripigliar poi nome di lago dove le rive, allontanandosi di nuovo, lascian l’acqua distendersi e rallentarsi in nuovi golfi e in nuovi seni. La costiera, formata dal deposito di tre grossi torrenti, scende appoggiata a due monti contigui, l’uno detto di san Martino, l’altro, con voce lombarda, il Resegone, dai molti suoi cocuzzoli in fila, che in vero lo fanno somigliare a una sega: talchè non è chi, al primo vederlo, purchè sia di fronte, come per esempio di su le mura di Milano che guardano a settentrione, non lo discerna tosto, a un tal contrassegno, in quella lunga e vasta giogaia, dagli altri monti di nome più oscuro e di forma più comune. Per un buon pezzo, la costa sale con un pendìo lento e continuo; poi si rompe in poggi e in valloncelli, in erte e in ispianate, secondo l’ossatura de’ due monti, e il lavoro dell’acque. Il lembo estremo, tagliato dalle foci de’ torrenti, è quasi tutto ghiaia e ciottoloni; il resto, campi e vigne, sparse di terre, di ville, di casali; in qualche parte boschi, che si prolungano su per la montagna…”

Si tratta una lunga figura retorica di cui l’autore si serve per descrivere il paesaggio che farà da sfondo alla storia.
Oggi non è consigliabile scrivere un incipit che sia una lunga digressione paesaggistica.

L’obiettivo di chi scrive è farsi leggere, e i lettori di oggi non sono gli stessi a cui era destinato il capolavoro di Manzoni.

Con un incipit di questo tipo, si corre il rischio di allontanare il lettore.

L’incipit di Castaneda

Uno degli esempi più adatti per comprendere cosa vuol dire scrivere un incipit davvero efficace è quello relativo a Carlos Castaneda.

Autore di bestseller di grande successo tradotti in numerose lingue, la sua opera è un vero e proprio esempio di creatività letteraria, grazie soprattutto al mistero e al fascino del suo del suo personaggio principale, Juan Matus, uomo di grande conoscenza che la sapeva senz’altro più lunga di lui (o del suo creatore).

Utilizzare se stesso come autore-narratore incapace di comprendere il mistero che veniva svelato tra le righe è stata una delle trovate più importanti di questo incredibile autore, che è stato capace di coinvolgere il lettore in una specie di gara di perspicacia e intuito con Carlos, protagonista, alter ego e vittima dello scrittore Castaneda.

Tra gli incipit famosi di romanzi di Castaneda consideriamo l’incipit de “La trasformazione di Doña Soledad” da “Il secondo anello del potere”:

Ebbi, d’un tratto, la premonizione che Pablito e Nestor non fossero a casa. Ne fui tanto persuaso che arrestai l’automobile. Ero giunto là dove la strada asfaltata finiva; e intendevo riflettere, se mi convenisse o no proseguire, quel giorno stesso, per la strada ghiaiata, lunga, tortuosa, in salita, che conduceva al loro paese sperduto fra i monti del Messico centrale.

Analizziamo le principali caratteristiche di questo incipit.

Attacco in medias res

Il primo escamotage, sempre efficace, è l’incipit in medias res, ovvero “nel mezzo di una situazione o di un’azione”.
Il verbo in prima persona, “Ebbi”, diretto e immediato come un colpo, ci costringe da subito a metterci nei panni del narratore-protagonista e a condividere con lui un sussulto, arrivando alla locuzione “d’un tratto” che segue immediatamente il verbo rompendo il ritmo della frase.

La sensazione di qualcosa in arrivo è rafforzata dal complemento oggetto, la parola premonizione.

Soltanto in seguito ci accorgiamo che si tratta soltanto dell’eventualità che due persone, “Pablito e Nestor”, “non fossero a casa”.

Tono che incuriosisce il lettore

Un tono così angoscioso per un’eventualità così banale può sembrare alquanto gratuito o fuori luogo, ma sortisce l’effetto di mettere la pulce nell’orecchio del lettore che, incuriosito, inizia a chiedersi già a questo punto cosa c’è realmente sotto, chi sono queste due persone e dove saranno.

L’autore “mostra senza dire”

Castaneda, a questo punto, non ci dice nulla riguardo la condizione emotiva del protagonista, ma ci “fa intravedere” la sua reazione.

Il protagonista si ferma a “riflettere”

Non riusciamo a capire con sicurezza se abbia timore oppure no, però le tracce di una certa tensione, una certa irrequietezza e palpitazione sono presenti, non soltanto nel contenuto della narrazione, ma anche nello stile e nel ritmo di queste prime righe, che procede con una serie di “spezzati”, dal verbo “Ebbi” fino all’arrestarsi dell’automobile.

Il messaggio dell’immagine si insinua nel profondo

Catturata curiosità e attenzione del lettore, ecco l’azione: il protagonista, al termine di una strada asfaltata, è indeciso se andare avanti oppure tornare indietro.

Questa immagine trasmette un messaggio che si insinua nel profondo, a livello subliminale: ci troviamo sull’uscio di qualcosa di sconosciuto; l’automobile e la strada asfaltata, due prodotti della civiltà moderna e simboli del dominio dell’uomo sull’ambiente, terminano in quel preciso punto.

La sintassi si snoda tra parole chiave e simboli

La narrazione continua con una sintassi che snoda (striscia) quasi fosse un serpente che sale misteriosamente le viscere di questa storia, similmente alla strada che entra “lunga, tortuosa, in salita” nelle montagne del Messico centrale.

Non è necessario conoscere questa zona del Messico centrale per rendersi conto che si tratta di aree selvagge, disabitate e soggette a strane apparizioni o a stregonerie.

Basta riconoscere alcuni simboli chiave, come la strada che si perde fra i monti, la fine di qualcosa e l’inizio di un’altra, la salita, e tutto quanto queste parole ricche di significato possono comunicare.

Lo stato d’animo del protagonista rapisce il lettore

Non c’è da meravigliarsi che il protagonista, e insieme a lui il lettore, si emozioni all’idea di proseguire.

Questa inquietudine strisciante ma non dichiarata, inserita nella descrizione oggettiva della scena, è molto più efficace rispetto ad una serie di aggettivi o a dichiarazioni sensazionali.

Dire “aveva paura” sarebbe la fine di tutto.

Farlo “percepire” è l’arte dello scrivere, che campo libero all’immaginazione del lettore e lo coinvolge nell’atmosfera della storia.

 

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