Come narrare un’azione e modulare il tono della storia

come narrare un'azione

Che cosa s’intende per narrare un’azione?

Narrare un’azione non vuol dire necessariamente cimentarsi nella descrizione di una storia avventurosa e mozzafiato.

Piuttosto, saper narrare un’azione, significa avere la capacità di rendere avvincente qualsiasi tipo di scena.

E, soprattutto, qualsiasi aspetto della vicenda raccontata.

Nella scrittura creativa l’azione è l’espediente narrativo più immediato ed efficace per coinvolgere il lettore e fargli capire che tutto ciò che avviene sulla pagina, lo riguarda in maniera diretta.

Cerchiamo dunque di comprendere in che modo, nella stesura di un testo narrativo, è possibile stimolare l’interesse di chi legge.

Una delle scelte fondamentali da compiere è quella relativa al tempo verbale da utilizzare.

Molti scrittori hanno preferito e preferiscono usare il passato remoto.

Ernest Hemingway l’ha impiegato per scrivere alcune tra le pagine di prosa più belle di sempre.

La forza evocativa del suo periodare cattura a tal punto il lettore che questi ha come la sensazione di non leggere più, ma di “vedere” o, meglio, “vivere” i profumi del continente africano, gli spari delle battute di caccia, il boato delle esplosioni durante la guerra civile spagnola e così via.

Altri scrittori hanno prediletto e continuano a prediligere il tempo presente:

“L’universo (che si chiama la biblioteca) si compone d’un numero indefinito, e forse infinito, di gallerie esagonali, con vasti pozzi di ventilazione nel mezzo, bordati di basse ringhiere. Da qualsiasi esagono si vedono i piani superiori e inferiori, interminabilmente.”

Questo è l’attacco del racconto La Biblioteca di Babele di Jorge Luis Borges.

L’autore argentino qui non avverte affatto il bisogno di un passato remoto.

Nell’universo-biblioteca che egli delinea ci si perde nei meandri dell’infinito e dell’indefinito.

Il tutto senza intaccare l’immediatezza e l’intensità dell’azione, in grado di catturare fin da subito il lettore.

Le metafore e il tempo presente

La scrittura di Borges insegna che il ricorso al tempo presente, meglio si presta ad un tipo di narrazione simbolica, in cui i contenuti concettuali sono predominanti rispetto ai personaggi e agli eventi.

Difatti, La Biblioteca di Babele, più che un racconto, può essere considerato una lunga e articolata metafora.

In dettaglio: l’universo equivale ad una biblioteca.

Eppure balza subito agli occhi e alla mente del lettore “l’infinito”, ovvero il sistema di riferimento spazio temporale della vicenda.

C’è un altro principio che è necessario mettere in evidenza quando ci si appresta a narrare un’azione:

nella scrittura l’azione è identificazione.

Molti narratori contemporanei, inoltre, ricorrono sovente alla seconda persona per parlare, in sostanza, di se stessi:

Di seguito un breve frammento tratto da un brano dello scrittore italiano Daniele Del Giudice:

“Non c’è momento preciso né un giorno fissato, non ti sarà preannunciato da alcun segno esteriore, nulla nei comportamenti e nel paesaggio sarà diverso dall’abituale, il sole a filo della pista, la pista che finisce nel mare, niente comunque ti farà presagire che è giunto il momento, per te, di trovarti su un aeroplano senza passeggeri, senza piloti, senz’altri che non sia tu stesso, come nel peggiore dei sogni.”

Il “tu” del brano è ovviamente l’autore.

Lo scrittore proietta in se stesso il lettore, per renderlo partecipe del senso di angoscia e del timore di un volo “in solitaria”.

Un altro degli elementi centrali quando si deve narrare un’azione è il tono, ovvero il tema teatrale principale della narrativa.

Il tono narrativo è il fattore che sintetizza le strategie predisposte all’interno del testo, per comunicare e coinvolgere nel modo più opportuno.

Il celebre scrittore americano Tom Clancy, noto per i suoi bestseller, fa leva, ad esempio, su una meticolosissima documentazione, che caratterizza il tono di tutte le sue opere.

Caccia a Ottobre Rosso non sarebbe diverso da un qualsiasi altro thriller, se non si fosse appreso in anticipo, e per bocca degli esperti, che tutto quanto vi veniva riportato era perfettamente autentico.

Tono non vuol dire “monotonia”

Mettere in evidenza le linee portanti di narrare un’azione non vuol dire tuttavia limitarsi ad effettuare un percorso schematico e lineare come quello di un autobus che copre la medesima tratta ogni giorno portando avanti e indietro gli stessi viaggiatori.

Se così fosse, si correrebbe il grande rischio di annoiare chi legge.

Invece non è così.

Il tono è tutt’altro che sinonimo di “monotonia”.

Un esempio particolarmente esplicativo viene dall’incrocio fra due generi molto popolari negli ultimi decenni: l’avventura spaziale sul modello Star Trek e Guerre stellari e il techno-thriller alla maniera del già citato Tom Clancy.

Una celebre coppia di autori di fantascienza, Larry Niven (1938) e Jerry Pournelle (1933) ha scritto un romanzo che è sostanzialmente la storia di una terza guerra mondiale, ma non combattuta fra americani e russi come ci si aspetterebbe, bensì fra terrestri e alieni.

Il libro si intitola Il giorno dell’invasione ed è l’accuratissima e certosina ricostruzione di una guerra combattuta con armi nucleari contro una specie giunta dallo spazio per conquistare la Terra.

L’idea, di per sé, non è delle più originali.

Trae ispirazione dalla celebre trama de La guerra dei mondi di Orson Welles, ma si differenzia e si caratterizza proprio per il tono che viene dato all’azione.

Il romanzo parte con una modulazione spensierata e rilassante, in cui ritroviamo personaggi reali come l’astronomo Carl Sagan.

La narrazione procede via via per complicazioni successive, fino a che l’arrivo di queste misteriose creature si pone sempre più come una calamità e una sciagura, e non più come mero fenomeno scientifico da studiare e comprendere.

Niven e Pournelle, pertanto, abbandonano progressivamente il campo della fantascienza per passare su quello del complotto politico-internazionale.

In questo modo il lettore, pagina dopo pagina, passa inconsapevolmente da una dimensione totalmente irreale, quale quella degli alieni, a quella molto più concreta e reale della guerra fredda.

Far emergere la personalità dello scrittore

Ma l’efficacia e l’abilità con cui si traccia lo spazio narrativo non sono gli unici fattori che determinano il tono dell’azione.

Più volte abbiamo sottolineato come un testo è intriso dell’anima e della personalità di uno scrittore.

Pertanto, la storia deve proprio risentire della sua personalità, personalità che deve “entrare nel tono” come elemento irrinunciabile.

A volte l’esposizione dev’essere diretta.

Ma, nello stesso tempo, deve risultare distaccata dall’autore.

In breve il tono, nell’azione narrativa, è un indicatore del doppio coinvolgimento:

quello dell’autore e quello del lettore.

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