
In una ideale (quanto, a mio avviso, impossibile da stilare) classifica dei romanzi più importanti della storia della letteratura mondiale, ovvero romanzi che esprimono l’essenza più profonda e autentica dell’idea stessa di romanzo, testi nei quali si raggiungono le vette estetiche supreme di questa forma d’arte, sono sicuro che molti lettori assegnerebbero almeno uno dei tre posti di un ipotetico podio ad un romanzo russo dell’Ottocento.
Stagione, quella del romanzo russo dell’Ottocento, a dir poco irripetibile per la grandezza e la straordinarietà di opere divenute ben presto immortali, capaci di esprimere in profondità non soltanto lo spirito del proprio tempo ma anche di scandagliare gli anfratti più reconditi e oscuri dell’animo umano.
Opere che, al cospetto della diversità di trame, personaggi, stili e ambientazioni, hanno celebrato sull’altare della letteratura mondiale, come poche altre hanno saputo fare, i grandi temi dell’esistenza umana, come la vita e la morte, la gioia e il dolore, l’amore e l’odio, il bene e il male, e che proprio in virtù della capacità di parlare a donne e uomini di ogni tempo, assurgono al rango di opere dal valore universale.
Romanzi che hanno rivelato al mondo il genio narrativo di scrittori, solo per citarne alcuni, della grandezza di Fëdor Michajlovič Dostoevskij e Lev Nikolàevič Tolstòj.
E in questa ideale disputa (a mio parere infinita e quindi irrisolvibile) su quale sia l’opera che si erge al di sopra di tutte le altre, disputa giocata al cospetto di una corte universale di lettori provenienti da ogni epoca e luogo, nel passare in rassegna titoli come Memorie dal sottosuolo, Delitto e castigo, I demoni e I fratelli Karamazov da un lato e romanzi come Guerra e pace, Anna Karenina e Resurrezione, con le opportune incursioni anche in romanzi brevi come La morte di Ivan Il’ič e Sonata a Kreutzer, molto probabilmente questa corte universale di lettori provenienti da ogni epoca e luogo eleggerebbe Anna Karenina a romanzo simbolo.
Se così fosse, credo che nessun lettore o critico avrebbe argomenti per protestare.
Proviamo a scoprirne il perché.
Per quale motivo il romanzo Anna Karenina, pubblicato da Lev Tolstòj nel 1877, assurgerebbe al rango di romanzo “simbolo” nell’accezione paradigmatica del termine?
Senza dilungarci troppo e rinunciando a priori a esaminare la vastità e complessità di aspetti che connotano l’opera, per la cui analisi non basterebbe lo spazio di un trattato, potremmo fornire una breve e concisa risposta che, da sola, sarebbe paradossalmente sufficiente a motivare e a giustificare la scelta:
Anna Karenina è una storia d’amore, di un amore appassionato e tragico.
Più precisamente: Anna Karenina è la storia d’amore, l’amore appassionato e tragico.
Meglio ancora: Anna Karenina è la storia d’amore per eccellenza, l’amore tragico e appassionato per antonomasia.
Proprio così!
Da sempre, infatti, considerando il nesso tra “romanzo” e “romantico” (possibilmente nella pluralità di sfumature e accezioni), l’amore è stato il tema di fondo delle grandi opere.
Ma c’è di più.
L’amore tra Anna e Vronskij, il suo amante, non è un amore qualunque.
Piuttosto, è un amore senza eguali.
Un amore travolgente e profondo, irresistibile al punto da trascendere qualsiasi altro sentimento e qualsiasi livello di gradazione di affetto e bene.
Un amore al cospetto del quale anche l’amore materno deve arrendersi, nel momento in cui l’eroina di Tolstòj abbandona suo figlio per seguire l’amante.
Un’attrazione in grado di consumare due traiettorie esistenziali perfettamente inserite, almeno in apparenza, all’interno di un contesto sociale esclusivo come quello dell’aristocrazia russa di fine Ottocento, con le sue convezioni, le sue aspettative, le sue regole.
Una passione nata proprio come una sorta di obbligo mondano (un flirt tra un bell’ufficiale e una moglie annoiata) che non solo sovverte le convenzioni sociali del tempo, ma sbircia oltre il velo delle apparenze e delle cose, portando alla luce il buio di un deserto spirituale e una tensione che tende verso l’assoluto, che i due innamorati tentano in maniera disperata, ma senza successo, di colmare.
Non solo.
In contrapposizione, in riferimento all’economia generale dell’intera opera, un ruolo tutt’altro che secondario è giocato da Konstantin Levin, un personaggio che intrattiene rapporti superficiali con la protagonista.
Aristocratico, dubbioso e scorbutico, votato alla ricerca della verità.
Questo, è Konstantin Levin.
Un uomo segnato dalla morte del fratello, innamorato della bella Kitty e finalmente riconciliato e risolto proprio dall’amore corrisposto, dall’umiltà e dalla tensione verso l’assoluto.
Levin è una figura profondamente autobiografica, alla quale l’autore conferisce tratti netti e riferimenti precisi della propria esistenza.
Uno su tutti: il proprio percorso spirituale.
Pertanto, se per la profondità della descrizione della dimensione interiore dei personaggi e per la sottigliezza della connotazione psicologica degli stessi, Anna Karenina di Tolstòj entra di diritto non solo nella schiera del grande romanzo russo dell’Ottocento, ma nella categoria delle opere immortali, questo romanzo risulta ascrivibile anche ad un altro filone classico:
quello delle opere che conferiscono allo scrittore la possibilità di rivelare la parte più profonda e nascosta del proprio animo all’interno della narrazione.
In tal senso, il rapporto con la vicenda di Anna segue un doppio livello.
Il primo livello fa riferimento alla trama e alle relazioni tra i personaggi.
Kitty, la moglie di Levin, nutriva una passione adolescenziale per Vronskij e sua sorella ha sposato il fratello di Anna, il principe Oblonskij, a sua volta amico e coetaneo di Levin.
In questo modo il romanzo Anna Karenina è da considerarsi anche un romanzo familiare, inserito a pieno titolo nella tradizione “classica” del romanzo europeo, oltreché del romanzo russo dell’Ottocento.
Ancora: Anna Karenina è soprattutto un romanzo sulla famiglia e sui rapporti fra uomo e donna.
A tal proposito, mai incipit fu più eloquente e significativo:
“Tutte le famiglie felici sono simili tra loro, ogni famiglia infelice è infelice a modo suo”.
Il secondo livello concerne il legame tra la vicenda di Anna e quella di Konstantin Levin, che è un legame di tipo strutturale.
Le due storie d’amore, quella tra Anna e Vronskij e quella tra Kitty e Levin, si incrociano e differenziano, si connotano e distinguono per effetto del contrasto.
Stesso schema per quanto riguarda le due coppie di personaggi.
Alla femminilità di Kitty, vissuta e assecondata in maniera naturale e immediata dalla stessa, si contrappone la femminilità di Anna, “sovrastrutturata” da sottigliezze sentimentali e intellettuali.
Allo stesso modo, lungo la linea maschile, assistiamo alla medesima polarizzazione delle figure.
Vronskij è il tipico uomo di mondo che (e in ciò risiede la sua grandezza e il senso tragico della sua nobiltà) va incontro al fallimento quando si rende conto dell’impatto destabilizzante dell’amore di Anna e per Anna.
Levin, dal canto suo, inorridisce al cospetto della mondanità e con essa rifugge il mito dell’oltreuomo in nome dell’umiltà e grazie alla semplicità della donna amata.
In Anna Karenina, quindi, Tolstòj compie il capolavoro di dar vita ad uno schema narrativo (o, meglio ancora, ad un “organismo narrativo”), “naturale” e “pensato” al pari della vita vera.
Un “organismo narrativo” dove le leggi spirituali e sociali che definiscono le simmetrie strutturali tra le parti, non determinano mai uno sviluppo meccanico e scontato della vicenda.
Tolstòj, infatti, dà vita ad un romanzo che è, al contempo, una storia d’amore (per l’esattezza, più storie d’amore), una vicenda autobiografica, l’affresco di una società intera, nonché un romanzo di idee in movimento.
A tal proposito, l’esemplificazione più alta della grandezza di questo romanzo è proprio la vividezza dei personaggi che scorre sulla pagina.
Sono proprio i personaggi, con l’unicità e l’inconfondibilità della loro sostanza umana a scaraventare nella storia quella corte universale di lettori provenienti da ogni epoca e luogo, a farli ridere e piangere, innamorare e disperare, morire e sognare.
Un viaggio straordinario, dal quale ci si sorprende sempre un po’ diversi, ogni volta che si ritorna, una volta chiusa l’ultima pagina.
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